Dal 1954, da quando vi abito, il “Villaggio Po”, lentamente prima, sempre più velocemente poi, inizia la sua crescita edilizia. Il quartiere si sviluppava prevalentemente sul lato di viale Po, dove oggi sorge la chiesa.
Sull’altro lato del viale la “Fornace Frazzi” sfornava mattoni e forati ed era rifornita d’argilla da un piccolo trenino che percorreva via Vecchia e via Boscone fino alle cave. Le vie più abitate, oltre al viale Po, erano via Ticino e via Mincio anche se ancora incomplete. Vi erano poi le cosiddette “Casette dei mutilati” le villette d’oggi di via E. Toti, via Paolucci de’ Calboli e viale Po. 

Abitata era poi via Lugo, fino all’incrocio con via Mincio, che poi raggiungeva, con un viottolo in mezzo ai campi, la “Cascina del Lugo”, oggi notevole condominio nascosto dietro la Scuola Media Virgilio. La “Cascina del Lugo” era la località sulla quale, allora, si raccontavano storie fantastiche per la presenza di una “montagna” nelle cui viscere si trovava una galleria costruita durante la guerra per non so quale motivo. Questa era la meta ambita di gruppi di ragazzi avventurosi. 

In questo “Villaggio Po” un gruppo di ragazzi, dapprima in uno scantinato di una casa popolare, in seguito in due stanze/cantina presso il Centro Sociale (oggi ‘Centro Socio Educativo’ di via Mincio), cominciò a fare attività scout. La camicia era color kaki per tutti mentre i pantaloni cambiavano colore secondo la branca d’appartenenza. Lo zaino era rimediato fra i reperti di guerra di qualche nonno, così anche le gavette. Per materassino si usavano sacchi di iuta pieni di paglia. Il “sacco a pelo” era formato da una coperta che la mamma il sabato mattina cuciva sul fianco e sul fondo, mentre la domenica pomeriggio scuciva e, dopo un po’ d’aria, rimetteva sul letto.

Spesso e volentieri per il pane al campo si usufruiva di “farina 00 dono del popolo americano” che, non ricordo per mezzo di chi, arrivava puntualmente qualche giorno prima di partire e, al campo, era affidata al fornaio del paese perché ne facesse pane. Le tende, nonostante fossero più simili a reperti archeologici, erano per noi il luogo più bello e dotato d’ogni confort: quando pioveva avevamo sempre l’acqua in camera! Il piccolo gruppo era formato da due squadriglie: Volpi e Tigri e, pur svolgendo attività autonoma, erano legate al gruppo scout del Duomo.

Il 2/6/57 furono pronunciate le prime promesse in località “Ca’ del Biss” poco lontano dalle Colonie Padane verso il ponte dell’autostrada, alla presenza del Commissario e dell’Assistente Ecclesiastico Provinciale don Erminio Balossi. Due anni dopo, il 2/6/59, gli scout erano presenti all’inaugurazione della chiesa di Cristo Re e all’arrivo dell’elicottero che trasportava la statua raffigurante la Madonna di Fatima. 

L’ ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani), così si chiamava l’associazione maschile fino al 1974, in quegli anni era presente a Cremona con 4 o 5 gruppi, ma in seguito, per mancanza di capi subì un forte calo di iscritti e i rimanenti dei vari gruppi cittadini confluirono in uno: prima presso l’oratorio Silvio Pellico, poi presso l’oratorio di S. Michele.
Anche il nostro gruppetto subì tale sorte: era l’inizio dei “famosi anni 60”. Una prima timida esperienza di scoutismo al “Villaggio Po” era finita!

Bisogna arrivare all’autunno del 1968 per sentire ancora parlare di scout a “Cristo Re”. Il quartiere allora era già una grossa realtà: Parrocchia di Cristo Re e relativo oratorio erano quotidianamente invasi da bambini e giovani. Qualche genitore interrogò l’assistente dell’oratorio don Angelo Scaglioni chiedendo perché non si poteva creare un gruppo scout. Una domenica di settembre del 1968 un gruppetto formato da una quindicina di ragazzi s’incontrò con un giovane, barbuto di nome Giuseppe. “Fanne degli scout!” disse don Angelo.
La domenica successiva prima uscita, primo gioco, primo fuoco… prime squadriglie: Pantere e Castori.
19/3/69 data storica: prime Promesse a Busseto, nel convento dei frati cappuccini. La veglia, nel silenzio della propria stanzetta, proprio come gli antichi cavalieri “vegliare e pregare”.

Così inizia la storia del gruppo scout “Cremona 2” che entra a far parte della comunità parrocchiale e nella tradizione oratoriana di Cristo Re. L’inserimento nella comunità parrocchiale ha favorito il gruppo scout per:

  • la presenza costante di un “don” tutto, o quasi, a disposizione del gruppo;
  • il sostegno nel compito di capi/catechisti;
  • lo stimolo per verificare il cammino intrapreso;
  • la possibilità di incontrare, osservare, verificare… i ragazzi anche al di fuori dell’attività prettamente scout in quanto frequentatori dell’oratorio;
  • la facilità di instaurare rapporti significativi con i genitori degli scouts.

Lo scoutismo, essendo un cammino educativo, può annoverare tra le sue fila persone che non hanno ancora chiarito la loro scelta di Fede, né l’appartenenza alla comunità parrocchiale. Scelta che viene, invece, esplicitamente richiesta ai Capi. Per questo lo scoutismo potrebbe aver bisogno di tempi più lunghi per far scoprire che:

  • comunità è un gruppo di persone che condivide gli stessi interessi e valori, che vede il mondo con gli stessi occhi …
  • comunità è un gruppo serio di persone che non si ritrovano casualmente ma scelgono di aggregarsi in nome di un unico obiettivo…
  • comunità è il luogo in cui nessuno si nasconde ma ognuno impara, grazie agli altri, ad essere sempre più se stesso prendendo in mano la propria esistenza e diventandone protagonista…
  • comunità è qualcosa affidato all’impegno e all’entusiasmo di ciascuno, in cui ognuno ha la possibilità di scoprire la sua unicità, i propri doni, le proprie attitudini…
  • comunità è il luogo in cui le capacità e le caratteristiche di ciascuno si mettono insieme, si armonizzano e si completano facendo ciascuno ricco delle doti di tutti…

… e successivamente scoprire che l’Amore del e per il Creatore è la motivazione profonda che giustifica la comunità e la trasforma in una comunità che crede, che prega, che ama, che testimonia.

Il gruppo scout “Cremona 2”, ha avuto momenti di forti richieste di adesione, ma la mancanza di responsabili preparati a proporre un metodo educativo sempre valido, anche nei momenti di crisi dell’associazionismo cattolico, ne ha frenato lo sviluppo.

All’interno della comunità parrocchiale e, più specificatamente all’interno dell’oratorio, il gruppo scout ha cercato di garantire la presenza di giovani e meno giovani, impegnati e disposti a sacrificare il proprio tempo in attività di servizio. Alcuni hanno trasformato questo volontariato in scelte radicali quali il sacerdozio: ricordiamo don Ottorino, don Nicola (precocemente tornato alla Casa del Padre), don Ernesto, don Lorenzo, don Matteo; altri, scelte che si avvicinano a professioni tipicamente di servizio (educatori, animatori, medici, psicologi…). Per altri ancora l’esperienza di essere capi nell’associazione li ha resi capaci di comunicare gioia di vivere, di trasmettere un modo diverso di stare insieme, trasformandosi, quasi senza volerlo, in testimoni “in carne ed ossa” verso bambini, adolescenti, giovani spesso sfiduciati ed insoddisfatti che tendono a trasformare l’oratorio semplicemente in un innocuo punto di ritrovo.
“Non si può fare la storia dell’oratorio non tenendo conto di questa esperienza che, nel suo cammino, si è pienamente inserita, senza predominio fuori posto, nella vita oratoriana come una delle proposte che la Parrocchia, attraverso l’oratorio, presenta ai giovani”. Così scriveva don Aldo Cozzani in una lettera in occasione del 25° degli scout a Cristo Re.

40 dei 50 anni di vita della Parrocchia di Cristo Re li abbiamo trascorsi insieme.
Dai 15 ragazzi del primo gruppetto di scout siamo passati a più di 200 aderenti, ma proviamo a pensare a tutte le cose fatte insieme: sono sempre costate fatica, tempo, organizzazione, sacrifici, rinunce, delusioni, … eppure tutto è stato fatto volontariamente e razionalmente e alla fine, ci accorgiamo che quanto fatto lo apprezziamo ma soprattutto lo amiamo. Tutto questo ed altro ancora grazie ad una comunità parrocchiale e a parroci ed assistenti disponibili e testimoni che con la loro presenza discreta, ma pronta e continua, hanno concesso di vivere esperienze comunitarie diverse come in una grande famiglia.

Si diceva “Villaggio Po”, ma da 50 anni si scrive … “Cristo Re”!