Prendendo spunto dalla Giornata Mondiale del malato indetta da papa Francesco, lo scorso maggio la Commissione Cultura del CPP ha organizzato un incontro aperto a tutti su questo tema:

LA MEDICINA OGGI E L’ESPERIENZA DELLA CURA

con la riflessione proposta dai medici Antonio Brunelli e Marco Quinzani, nostri parrocchiani, seguita con interesse dai numerosi intervenuti.

Il parroco Don Giulio ha introdotto l’incontro con le sollecitazioni chiave del messaggio del Papa, e ha richiamato come l’esperienza della malattia e della sofferenza può generare un incontro facendo emergere una domanda di senso: perchè io, perchè a me, perchè in questa situazione. E questa domanda in genere viene rivolta al Dio creatore, che è la risposta di senso per ognuno di noi; il Papa ci dice che è possibile trovare il senso in ciò che sembra esserne privo; ciascuno di noi è chiamato a trovare la risposta di senso nella propria esperienza.

Siamo invitati ad accogliere la malattia nella fedeltà a Dio e nella dimensione del dono, ma anche nella condivisione grazie agli “angeli di speranza” che sono i curanti, i familiari e tutte le persone che accompagnano nella sofferenza.

I malati non sono solo i destinatari della nostra azione, ma gli agenti principali di una rinnovata testimonianza per tutti noi: Gesù non è venuto a liberarci dalla sofferenza, ma a liberarci attraverso la sofferenza.

Il dott. Brunelli ha commentato alcune parti del messaggio di papa Francesco, in particolare si è soffermato sulle fragilità che la malattia provoca nella persona malata: nel tempo della malattia se da una parte sentiamo tutte le nostre fragilità di creature : fisica, psicologica e spirituale, dall’altra facciamo esperienza della vicinanza e della compassione di Dio, che in Gesù ha condiviso le nostre sofferenze, sono situazioni in cui “tutti, credenti e non, nei momenti di sofferenza ci rivolgiamo a qualcuno….” e la vicinanza è sentita grazie alla prossimità e alla cura delle persone che seguono il malato, un dono che passa attraverso l’agire di tutti gli operatori coinvolti.

Il dono allora si concretizza nelle competenze, nelle capacità relazionali e nelle abilità tecnologiche dell’intero corpo medico, inclusa la ricerca; tutto questo genera germi di speranza nell’affrontare le fragilità della malattia: la velocità nel trovare rimedi alle pandemie, l’avanzamento nelle cure dei tumori, l’accesso alle cure possibile per tutti, le case di comunità rappresentate dall’offerta di tante case di riposo del nostro territorio.

Nella seconda parte il dott. Quinzani, partendo dal tema della condivisione, ha suggerito come la fragilità abbia la capacità di creare legami e di mobilitare l’intera società; forte della sua esperienza sul campo, ha fatto riferimento principalmente alla situazione delle malattie croniche degenerative che fanno emergere, sfidandolo, il limite dell’arte medica con il quale bisogna convivere: quando non c’è più niente da fare, c’è tutto da fare. Questo richiede un passaggio: dal trattamento mirato sulla malattia, ad una presa in carico globale della persona, attraverso una relazione di cura che ha l’obiettivo di raggiungere la migliore qualità di vita per il paziente ed i suoi familiari. E’ inoltre compito della medicina affrontare con competenza scientifica ed altrettanta umanità e disponibilità le fasi ultime della vita terrena (il cd “fine vita”).

Ha quindi dedicato qualche pensiero alle cure palliative che sono la risposta assistenziale svolta con competenza, disponibilità, comprensione, condivisione (un esserci ancora prima del fare) ai bisogni fisici, psicologici, sociali, spirituali dei pazienti e della propria famiglia. Per questo serve un team di operatori formati a gestire tutti gli aspetti dell’assistenza per valorizzare la vita fino all’ultimo istante, da non affrettare né posticipare.