Nella bibbia si piange, e molto. Piangono Adamo ed Eva dopo il peccato: così ce li raffigura il Masaccio. Piange Davide per i suoi figli: per il neonato gravemente malato (2 Sam 12,21ss) e per Assalonne, il figlio ribelle ucciso in battaglia (2Sam 19,1-2). Ci fa piangere ripetutamente il salmista ogni volta che apriamo il salterio.

Piange e si commuove Gesù per l’amico Lazzaro.

Il pianto è la nostra prima voce:

Anch’io alla nascita ho respirato l’aria comune
e sono caduto sulla terra dove tutti soffrono allo stesso modo;
come per tutti, il pianto fu la mia prima voce
(Sap. 7,3).

È una condizione che ci accompagna per tutta la vita. Ogni sera l’inno dei vespri, in questa lunga quaresima, inizia così: 

Accogli, o Dio pietoso,

le preghiere e le lacrime

che il tuo popolo effonde  

in questo tempo santo.

Dio accoglie le nostre lacrime e le nostre preghiere, le lacrime di un intero popolo.

Quante lacrime in questi giorni consumano i nostri occhi!

Domenica 29 marzo 2020. Il papa inizia così la Messa: “Penso a tanta gente che piange: gente isolata, gente in quarantena, gli anziani soli, gente ricoverata e le persone in terapia, i genitori che vedono che, come non c’è lo stipendio, non ce la faranno a dare da mangiare ai figli. Tanta gente piange. Anche noi, dal nostro cuore, li accompagniamo. E non ci farà male piangere un po’ con il pianto del Signore per tutto il suo popolo”.

Non c’è persona che non sia toccata dal lutto di un familiare, di un amico, di un vicino di casa. Tutti dentro la medesima condivisione: “piangete con quelli che sono nel pianto” (Rom 12,15). Come possiamo oggi non piangere?

Apriamo la bibbia e scopriamo che è un lungo fiume di lacrime. Non è possibile riportarle tutte. Rimandiamo solo a qualche personaggio, ai suoi tormenti, alla sua invocazione…

Piange Giuseppe alla vista del fratello Beniamino, in Egitto, quando da schiavo diventa governatore e riaccoglie i suoi fratelli che lo avevano venduto (Gen 43,30).

Piange la gente raccogliticcia nel deserto perché ha fame e continuamente tenta Dio (Num 11,4ss).

Piange la giovane figlia di Iefte prima di morire, sacrificata da suo padre (Gdc 11,37).

Susanna ingiustamente condannata, piange per la propria innocenza e si mette nelle mani di Dio che la salva attraverso il fanciullo Daniele (cf. Dn 13,22).

Nella sua sventura piange Giobbe e a lungo (16,16) come già aveva fatto per partecipare a chi aveva una vita dura (Gb 30,25).

C’è tutto un popolo che piange. Ma Dio assicura un termine.

Così dice il Signore:
«Una voce si ode a Rama,
un lamento e un pianto amaro:
Rachele piange i suoi figli,
e non vuole essere consolata per i suoi figli,
perché non sono più».

Dice il Signore:
«Trattieni il tuo pianto,
i tuoi occhi dalle lacrime,
perché c’è un compenso alle tue fatiche
– oracolo del Signore -:
essi torneranno dal paese nemico» (Ger 31,15-16).

La peccatrice, in casa di Simone il fariseo, piange e riversa le sue lacrime sui piedi di Gesù e li asciuga con i capelli: è un pianto di pentimento e di consolazione per aver incontrato il Misericordioso (Lc 7,3).

Piange la vedova di Nain per il suo unico figlio, fino a commuovere Gesù che ferma quel corte funebre (Lc 7,13).

La gente piange e urla per la morte della figlia di Giairo e poi irride Gesù che invece la ridà sana a suo padre (Mc 5,37-40).

Gesù piange davanti ad una Gerusalemme che non lo sa accogliere (Lc 19,41).

Piangono le sorelle e gli amici di Lazzaro (Gv 11, 33 ss).

Gesù pure si commuove per l’amico Lazzaro e versa lacrime (Gv 11,33-35).

Gesù invita le donne a piangere non su di lui, ma su loro stesse e sui loro figli (Lc 23,28).

Pietro, dopo il rinnegamento, piange amaramente perché corroso dal rimorso (Mc 14,72).

Anche Maria di Magdala piange il mattino di Pasqua ed è rincuorata dal Risorto: “Donna perché piangi? Chi cerchi?” (Gv 20,15).

E ci vengono in mente le parole di Gesù: “Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati” (Mt 5,4). Beati… è Vangelo. Ma nel frattempo i nostri occhi si consumano nel pianto: sono troppi i nostri malati, i nostri morti, le nostre impotenze… e le lacrime si mescolano con quelle per i nostri peccati, per le ingiustizie e le prevaricazioni che subiscono i poveri, gli scartati, i più vulnerabili.

Sono stremato dai miei lamenti, 
ogni notte inondo di pianto il mio giaciglio,
bagno di lacrime il mio letto (Salmo 6,7).

Abbi pietà di me, Signore, sono nell’affanno;
per il pianto si consumano i miei occhi,
la mia gola e le mie viscere (Salmo 31,10).

Le lacrime sono il mio pane
giorno e notte,
mentre mi dicono sempre:
«Dov’è il tuo Dio?» (Sal 42,4)

Tu ci nutri con pane di lacrime,
ci fai bere lacrime in abbondanza (Sal 80,6).

Cenere mangio come fosse pane,
alla mia bevanda mescolo il pianto (Salmo 102,10)

Noi crediamo che il Signore sa cambiare il pianto in gioia. Noi cerchiamo di credere… siamo ostinati, anche in questi giorni.

Passando per la valle del pianto
la cambia in una sorgente;
anche la prima pioggia
l’ammanta di benedizioni (Salmo 84,7).

Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia (Sal 30,6).

Io piango lacrime di tristezza;
fammi rialzare secondo la tua parola (Sal 119,28).

Noi crediamo nelle parole dei profeti. Crediamo che questo pianto ha un termine. Crediamo nel Dio della vita che vince anche la morte, che è annuncio di Pasqua, vita che risorge:

Eliminerà la morte per sempre.
Il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto (Is 25,8).

Io esulterò di Gerusalemme,
godrò del mio popolo.
Non si udranno più in essa
voci di pianto, grida di angoscia (Is 65,19).

Erano partiti nel pianto,
io li riporterò tra le consolazioni;
li ricondurrò a fiumi ricchi d’acqua
per una strada dritta in cui non inciamperanno,
perché io sono un padre per Israele,
Èfraim è il mio primogenito» Ger 31,9).

Vi ho lasciati andare con dolore e pianto,
ma Dio vi ricondurrà a me
con letizia e gioia, per sempre (Bar 4,3) .

Nel frattempo però siamo turbati. Piangiamo.

Rischiamo di essere sconvolti. La fede può vacillare. Ci sentiamo smarriti, la fede duramente messa alla prova. «Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto!» (Gv 11,32). Le nostre parole, come a Betania, possono essere quasi un rimprovero, un grido di dolore, un urlo che gettiamo a Dio.

E come gli antichi sacerdoti anche oggi, dentro le chiese vuote, in questo lungo digiuno eucaristico, viene da piangere:

Cingete il cilicio e piangete, o sacerdoti,
urlate, ministri dell’altare,
venite, vegliate vestiti di sacco,
ministri del mio Dio,
perché priva d’offerta e libagione
è la casa del vostro Dio (Gl 1,13).

Come Giovanni nell’Apocalisse possiamo piangere molto. Non capiamo l’ambivalenza della storia. C’è questo libro chiuso dai sette sigilli che ci inquieta. C’è il rischio del sentirsi delusi, disperarti. Perché? Fino a quando? Fino a quando questo dolore?

Ci ostiniamo a credere e chiediamo anche noi la luce della Parola, quella che rivela, che asciuga le lacrime, che riaccende speranza. Chiediamo l’esperienza della consolazione, di un qualcuno che ci accompagni e ci inviti a guardare al Signore Gesù:

1 E vidi, nella mano destra di Colui che sedeva sul trono, un libro scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette sigilli. 2Vidi un angelo forte che proclamava a gran voce: «Chi è degno di aprire il libro e scioglierne i sigilli?». 3Ma nessuno né in cielo, né in terra, né sotto terra, era in grado di aprire il libro e di guardarlo. 4Io piangevo molto, perché non fu trovato nessuno degno di aprire il libro e di guardarlo. 
5Uno degli anziani mi disse: «Non piangere; ha vinto il leone della tribù di Giuda, il Germoglio di Davide, e aprirà il libro e i suoi sette sigilli». (Ap. 5).

Noi piangiamo molto, come Giovanni, e ci sembra che nessuno sia in grado di aprire quel libro della vita. Ma poi guardiamo a Gesù. Insistiamo nel guardare al suo dolore, alla sua Croce. Lo sappiamo partecipe delle nostre afflizioni.

Nei giorni della sua vita terrena egli offrì preghiere e suppliche, con forti grida e lacrime, a Dio che poteva salvarlo da morte e, per il suo pieno abbandono a lui, venne esaudito (Eb 5,7).

Noi crediamo nell’avverarsi delle promesse antiche che ci proiettano nel compimento, nella pienezza garantita da Gesù: “Dio asciugherà ogni lacrima dai nostri occhi e non vi sarà più la morte, né il lutto, né il lamento, né il dolore” (Ap. 21,4; cf. 7,17; Is 25,8).

Noi sappiamo di avere una missione: indicare il Signore, il Crocifisso Risorto. Come la Maddalena non è detto che siamo creduti. Lei corre dagli apostoli che erano in lutto e nel pianto: ma essi, udito che era vivo e che era stato visto da lei, non credettero (Mc 16, 10-11).

Nei giorni del lutto e del pianto… siamo tutti mortificati… ci sentiamo tutti deboli, ma sappiamo di avere una missione: portare insieme il peso di questi giorni e aiutarci a guardare al Signore che viene. Al Risorto che viene.

E sospiriamo a Maria, Madre di misericordia, piangenti in questa valle di lacrime.

E imploriamo: Vieni Signore Gesù. Vieni.

20Colui che attesta queste cose dice: «Sì, vengo presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù. 21La grazia del Signore Gesù sia con tutti (Ap 22,20-21).